La Regione Puglia sbarra la strada al contestato gasdotto Tap. Lo fa ufficialmente, attraverso il parere negativo sulla compatibilità ambientale dell’opera, ma, a guardar bene, lo fa solo in parte e con una bocciatura di facciata, dando la stura ad un rimescolamento delle carte. Il no espresso nel pomeriggio di oggi dal Comitato Via regionale, riunitosi in seduta monotematica, è il secondo, dopo quello dell’11 settembre 2012, al progetto presentato dalla multinazionale del gas. Bari risponde picche alla richiesta di far sbarcare a San Foca, marina di Melendugno (Le), il metanodotto che, attraverso Grecia, Albania e mar Adriatico, dovrebbe convogliare in Italia l’oro blu del giacimento azero di Shah Deniz II, aprendo il “Corridoio meridionale del gas” per l’Europa.

Eppure, quel parere, una volta decriptato, si rivela un vero e proprio cavallo di Troia, pronto a far scoppiare una guerra di territori tutta interna alla regione, tra Lecce e Brindisi. E’ lì, infatti, che erano state previste le prime quattro ipotesi di approdo, scartate da Tap soprattutto perché l’infrastruttura, sebbene a pochi passi dal petrolchimico e dalla centrale a carbone di Cerano, avrebbe attraversato parchi naturali e, nel tratto in mare, praterie di Posidonia, protette come siti di importanza comunitaria. Motivazioni non sufficienti, secondo il Comitato Via: “Sia nel progetto originario, sia nel progetto in esame viene omessa ogni valutazione in ordine alla possibilità che le normative consentono in rapporto alla valenza ed alle caratteristiche dell’opera”.

Cosa significa? Per Tap esistono quei “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” che “consentono, ed ai fini valutativi obbligano, nell’ambito delle alternative progettuali, a considerare ipotesi che interessano habitat anche prioritari, a definire la misura degli impatti e le misure compensative necessarie”. Insomma, la multinazionale avrebbe potuto – o potrebbe ancora – rivedere le sue opzioni di attracco nei siti brindisini. E’ un modo per togliere le castagne dal fuoco, perché, in altre parole, si sta dicendo: a San Foca no, altrove forse. Quell’altrove sarebbe soprattutto Lendinuso, marina di Torchiarolo (Br). A meno che Tap, spinta in un angolo, non decida di apparentarsi con Igi Poseidon (di cui fa parte Edison), già titolare di un progetto gemello parcheggiato a Otranto.

Le trattative sotterranee, pure esistenti, si starebbero rivelando non poco faticose. Non è questione di lana caprina. La Puglia sa che il terreno è scivoloso, che “l’opera si inserisce all’interno delle strategie europee di diversificazione delle fonti energetichee che gli interessi in campo sono economicamente e politicamente ragguardevoli. Tuttavia, è costretta a fare l’equilibrista sul ciglio del burrone, al di sotto del quale c’è, soprattutto, il dissenso rovente delle comunità locali di Melendugno e dintorni. Il parere di oggi, obbligatorio ma non vincolante all’interno della procedura di valutazione nazionale, punta tutto sulle “problematiche paesaggistiche” irrisolte. Non solo, inchioda il progetto perché tace sui 20 km che il metanodotto deve percorrere per connettersi alla rete nazionale Snam.

Poi, “scarsa attenzione sembra riservata agli impatti sull’economia locale, incentrata sulla valenza di un turismo balneare di qualità, stante i ripetuti riconoscimenti a Melendugno degli organismi di valutazione della qualità delle acque e della bellezza della costa”. Si confida, ora, nell’avallo di Roma. Non è un caso che nel parere dei tecnici venga ricordata la promessa fatta dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, il 27 dicembre scorso, durante il confronto a Lecce sul gasdotto: “Noi crediamo – aveva detto – che l’interesse nazionale deve sposarsi con l’interesse del territorio. Su questo, l’impegno da parte del governo è di avere un approccio aperto. Certamente faremo la scelta comunque tenendo conto di tutte le procedure di cui bisogna tener conto, il parere della Regione, etc., e di quello che oggi è venuto in questa nostra discussione”. Eppure, visto che sia la Commissione europea che il governo italiano hanno dato a Tap il bollino di “opera strategica”, una strada va per forza trovata. E a quanto pare non è poi così lontana.

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